È passata una settimana dall’esordio di Ferrari a Wall Street. Proviamo a fare un bilancio e capire risvolti e prospettive della casa di Maranello.
Gli aspetti da considerare in questa operazione sono perlomeno due, strettamente collegati tra di loro: da una parte c’è lo spettacolo mediatico, dall’altra la freddezza dei numeri e delle regole del gioco. Partiamo dal primo aspetto.
Effetti speciali a Wall Street
Bisogna ammettere che il film a cui abbiamo assistito ha emozionato anche gli analisti più critici e distaccati. Per un giorno intero, infatti, la borsa di New York, al suo interno e lungo Wall Street, si è colorata di rosso Ferrari. Esternamente otto Ferrari in bella mostra, dalla supermoderna LaFerrari ad una storica 250 California. Il palazzo della NYSE completamente ricoperto dallo stemma del Cavallino rampante ed un immancabile tricolore sventolante. Per l’occasione a suonare la campanella, che dà l’avvio alle contrattazioni, i vertici del gruppo Fiat Chrysler, dal presidente John Elkann all’amministratore delegato Sergio Marchionne. Anche all’interno il rosso era il colore dominante. Le centinaia di schermi proiettavano il simbolo del cavallino ed ogni broker indossava un berretto rosso da Formula uno. Ma perché uno spettacolo del genere per una “fredda” quotazione di bors? Presto detto: la Ferrari è un sogno. L’idea di Marchionne è di trasformare l’azienda da produttore di auto a brand del lusso. Prendere in esclusiva per un giorno Wall Street vuol dire spingere ancor di più il brand Ferrari nell’immaginario collettivo americano per fare in modo che, con le azioni sul mercato, tutti vogliano un pezzo di quel sogno. Che cos’è l’azione Ferrari (RACE) per il piccolo investitore se non un pezzo di sogno irrealizzabile che si realizza? Chi non può comprare una Ferrari può diventarne azionista.
1 = 2: le ombre cinesi dell’operazione Maranello
Passando al secondo aspetto, quello legato ai numeri dell’operazione, iniziamo subito col dire che porta con se luci ed ombre, sottolineate anche da analisti autorevoli come Salvatore Bragantini dalle pagine del Corriere della Sera e Andrea Malan da quelle de Il Sole 24 ore. Vediamo di cosa si tratta.
Le azioni Ferrari sono state offerte sul mercato a 52 dollari, e subito nelle prime ore di contrattazione hanno sfiorato i 60 dollari, andando a chiudere intorno ai 55 dollari. L’operazione mediatica sembra riuscita, se non fosse che contemporaneamente FCA, alla borsa di Milano, ha perso terreno (-5,2%). Gli analisti non riescono a spiegarsi il fenomeno, proviamo ad approfondire.
La Ferrari, prima della quotazione, era detenuta per il 90% da FCA, controllata dalla famiglia Agnelli attraverso Exor, e per un 10% dagli eredi di Enzo Ferrari ed in particolar modo Piero Ferrari figlio di Enzo. La quotazione alla Borsa di New York è avvenuta non attraverso un aumento di capitale ma con la cessione, da parte di FCA, del 10% delle azioni detenute. Fin qui nulla di particolare. Un colosso mondiale dell’auto come Fiat Chrysler Automobiles, per finanzia
re un piano di rientro del debito e di rilancio complessivo, recupera capitali sul mercato vendendo un pezzo del proprio “gioiellino” Ferrari. La storia però non finisce qui e il piano messo a punto da Marchionne è più ampio e prevede la scissione totale di Ferrari da FCA.
Per ricapitolare, il 10 % di Ferrari è finito sul mercato all’indomani della quotazione alla Borsa di New York, il 10% è detenuto da Piero Ferrari e l’80% è in pancia a FCA. Questo 80%, però, verrà distribuito agli azionisti e quindi anche a Exor SpA della famiglia Agnelli.
All’indomani della scissione, che presumibilmente inizierà a partire da gennaio 2016, quindi, Exor avrà il 24 per cento di Ferrari, Piero Ferrari il 10 per cento e il gli azionisti minori il 66 per cento. Ma questa non è la fine della storia. La legislazione olandese, a cui si rifà Ferrari NV (holding olandese del Cavallino), infatti, prevede il meccanismo del voto multiplo (diritto di due voti per ogni azione accordato agli investitori “fedeli” che detengono le azioni da più di due anni). Quindi Piero Ferrari avrà circa il 15 per cento ed Exor SpA circa il 36 per cento. Totale 51 per cento e controllo: BINGO! Tutto normale per Enzo Ferrari che detiene le azioni Ferrari da anni; più in ombra la situazione per quanto riguarda Exor che riceverà la propria quota come tutti gli azionisti di FCA ma avrà comunque diritto al voto multiplo.
Scrive Braganti “Nell’interesse di chi è dunque gestita Fca? Di tutti i suoi azionisti, o solo di alcuni, più uguali degli altri? Sarebbe stato interesse di Fca continuare a controllare quella Ferrari che, prima che un marchio del lusso, è un profittevole e ammirato costruttore di auto. Tale interesse però contrastava con quello di Exor, che la voleva per sé, così preparando la graduale uscita dal controllo di una grande casa automobilistica come Fca, impegno troppo gravoso per le sue spalle. Non sorprende che l’interesse di Exor prevalga su quello di Fca”.