Che cos’è una obbligazione subordinata? Quante ce ne sono in circolazione? Quali sono le banche che rischiano di far saltare il banco? Che cos’è il bail-in e quando entra in vigore? Proviamo a dare una risposta a queste domande.
Circa 800 milioni di euro, di cui quasi 350 milioni sono nelle mani di piccoli investitori privati: questi i numeri che definiscono l’episodio che sta occupando da giorni le prime pagine di tutti i giornali italiani. Si tratta del crack di 4 banche locali, Banca Marche, Banca Etruria, Carife, e Carichieti, salvate con un decreto ad hoc, che però ha generato non poche polemiche.
Ma quali sono i titoli su cui si è rischiato il crack delle 4 banche? Si tratta di bond subordinati che le banche “salvate” hanno collocato a man bassa negli anni scorsi, per un totale che sfiora appunto gli 800 milioni di euro. Le obbligazioni subordinate, come tutte le obbligazioni, sono dei titoli rappresentativi di un debito, che consentono a chi le acquista di diventare creditore dell’istituto emittente, incassando periodicamente degli interessi (cedole). Rispetto ai bond ordinari, però, quelli subordinati espongono i risparmiatori a un grado di rischio molto più elevato, simile a quello assunto di chi acquista un’azione. Il rischio è legato proprio al fatto che, in caso di fallimento della banca, il portatore viene soddisfatto dopo gli altri creditori senior. In caso di fallimento della banca emittente, infatti, i titolari delle obbligazioni subordinate sono considerati dei creditori di serie B, i cui diritti patrimoniali possono essere soddisfatti soltanto dopo aver risarcito altri soggetti come i dipendenti della banca, i correntisti o i sottoscrittori dei bond ordinari.
Non possono quindi essere considerati strumenti di debito tradizionali e sono emesse perché rappresentano spesso un’alternativa al più costoso collocamento di azioni. Le obbligazioni subordinate anche denominate “junior” per distinguerle da quelle non subordinate (o “senior”) hanno un grado di rischio molto più elevato incorporato nei rendimenti garantiti
Ma quali sono le obbligazioni subordinate? Proviamo a mapparle.
Come si evince dalla tabella il rischio di credito è elevato, infatti in caso di fallimento o di dissesto, la perdita che può subire l’investitore è sempre elevata e molto spesso tendente al 100% del capitale investito, poiché vengono privilegiati gli altri creditori. In particolare, il rischio di credito è elevatissimo per le obbligazioni di tipo Tier 1 e per alcuni Tier 2. Sono di difficile valutazione in quanto molte obbligazioni subordinate non hanno una vera e propria scadenza (Tier 1 e 2), ma prevedono la possibilità di essere richiamate dall’emittente a certe date con l’opzione “call”. L’assenza di scadenza rende difficile stimare il rendimento dell’investimento e nella maggior parte dei casi non basta avere un portafoglio ampiamente diversificato per potere controllare il rischio di queste obbligazioni. Il rischio che comporta questo tipo di investimento assomiglia infatti più a quello di un portafoglio azionario che a quello di un portafoglio di obbligazioni corporate.
E il bail-in? Molti risparmiatori hanno sottoscritto bond subordinati bancari anche dieci anni fa, quando il bail-in di cui si parla in questi ultimi mesi ancora non esisteva, e oggi detengono (forse senza esserne informati) titoli più rischiosi, in alcuni casi illiquidi o non quotati. Ma come funziona il bail-in? In caso di crisi della banca che porti alla sua “risoluzione”, se a coprire le perdite e ricapitalizzare la banca non bastano le azioni e gli altri strumenti di capitale, prima dei bond senior e dei conti correnti oltre i 100mila euro, sono coinvolte le obbligazioni subordinate, convertendole in azioni e riducendone o azzerandone il valore. In caso di bail-in, fino al 31 dicembre 2018 le obbligazioni senior e i depositi superiori ai 100mila euro hanno le stesse tutele, mentre dal 1° gennaio 2019 i depositi oltre i 100mila euro sono più “tutelati” rispetto ai bond senior. Ma i bond subordinati sono coinvolti in eventuali bail-in sin dal 1° gennaio 2016 ed il rischio non è banale visto che oltre due terzi delle obbligazioni subordinate è sprovvista di rating.
Secondo l’ultima rilevazione della Banca d’Italia ci sono nel paese circa 65 miliardi di obbligazioni subordinate: 35 miliardi sommano le emissioni di Intesa, Unicredit e Ubi, le banche più solide in Italia, sul resto è lecito interrogarsi. Molti titoli sono stati emessi da piccole banche, presso clienti che si trovano sul territorio, spesso famiglie non pienamente consapevoli del rischio e che non hanno adottato efficienti strategie di diversificazione. Molti hanno i loro depositi nella stessa banca di cui hanno acquistato le obbligazioni subordinate.
Il risparmio delle famiglie è stata una risorsa fondamentale per un sistema bancario che aveva bisogno di ricapitalizzarsi in risposta ai sempre più stringenti requisiti di capitale, ora però, il dubbio che vi sia stata scarsa trasparenza nei collocamenti dei titoli rischia di generare un effetto boomerang. A questo punto è urgente che le autorità di vigilanza dicano al paese quante obbligazioni subordinate si trovano in mano ad investitori retail, per quante si possono riscontrare errori di profilatura, eccessiva esposizione di portafoglio, rischi non comunicati chiaramente, rendimenti offerti non commisurati al rischio. E’ un tema di trasparenza, di rispetto del consumatore ma anche, a questo punto, un tema di stabilità del sistema, soprattutto in vista del 1 gennaio prossimo quando entrerà pienamente in vigore il meccanismo del bail-in.